saudade...

PARA MIS AMIGOS HISPANOHABLANTES :)

MENSAJE PARA MIS AMIGOS HISPANOHABLANTES :)
Hola gente!
Esta va a ser una pequeña descripción de lo que voy a estar haciendo acá, en este espacio virtual que habla de mi Erasmus en Portugal.
Les explico: como ustedes saben, ya estoy a punto de terminar la Uni y este es mi último semestre antes de recibirme.
Parte de mi proyecto final (que básicamente se centra en el choque cultural y las dificultades a la hora de integrarse, con referencias a las funciones del cuento de Propp... si quieren más informaciones, me van diciendo jajaja) va a ser escribir un blog sobre mi experiencia de intercambio, la lengua, lo difícil de adaptarse a una nueva cultura etc etc. Es muy importante para mí, ya que esta va a ser la parte más linda y más central de todo mi proyecto :)
Decidí que cada tanto va a haber un post en castellano, cuando se me ocurra alguna cosita interesante o alguna comparacón con los países hispanohablantes que conozco (sobretodo con mi querida Argentina), para que ustedes, si es que están interesados, puedan saber que es lo que va pasando en esta tierra portuguesa :)
Un abrazo y un saludito!!

venerdì 27 maggio 2016

COME FUNZIONA L'UNIVERSITA' PORTOGHESE?


Una delle cose che la maggior parte degli studenti si chiede, prima di partire per l’Erasmus, è come funziona l’università del suo nuovo paese. O forse, il che è ancora più probabile, non se lo chiede affatto: perché normalmente non ci fermiamo a riflettere sulle possibili differenze in un campo che ci sembra così ovvio, come quello della mera burocrazia. Ma vi assicuro: per quanto sembri un dettaglio insignificante, capire come funziona il lato “accademico” di un paese è parte della cultura dello stesso almeno tanto quanto lo è il cibo, o il modo di salutare. L’università italiana è impostata in un certo modo (con le dovute differenze da università a università) che comprende iscrizione online ai singoli esami, preferenza data alla valutazione orale (nelle facoltà che lo consentono, ovviamente), rapporto estremamente formale con i docenti, classi normalmente formate da moltissimi alunni …. Una serie di pezzi che compongono il grande puzzle della formazione universitaria.

Ma, se avete intenzione di studiare in Portogallo, o verrete qui in Erasmus, o semplicemente siete curiosi, sicuramente vi starete chiedendo: come funziona l’università portoghese?

Io, ovviamente, posso parlare a livello particolare dell’università di Evora; sicuramente ci saranno differenze rispetto alle altre università del paese, ma credo che quantomeno gli aspetti fondamentali siano comuni. Se qualcuno di voi ha informazioni extra, sono le benvenute!



Iniziamo dalla parte più complicata: esami, iscrizioni e corsi da seguire.
In Italia, o perlomeno ad Urbino, questo processo è abbastanza lineare. Ci si iscrive all’università, si presenta il piano di studio. Dopo qualche tempo, i corsi scelti appaiono online e da lì possiamo iscriverci agli esami, la cui data troviamo nella pagina web della facoltà.
Ora: ad Evora l’iscrizione all’università è solo il primo passo da seguire. L’iscrizione ai singoli corsi avviene gradualmente, uno per uno: ogni volta che un’iscrizione avviene con successo, si riceve una mail di conferma che “autorizza” a seguire le lezioni e fare l’esame di quel corso. Qual è il problema? Che questo processo, soprattutto se siete erasmus, può richiedere davvero MOLTO tempo. Moltissimo. Mesi. Siete iscritti all’università, ma magari dei 4 esami che dovete fare qui risultate iscritti solo ad uno. Il che implica anche che i professori non abbiano dove ufficializzare i vostri risultati, provocando qualche piccolo problema burocratico. Ma non temete. Con il tempo, tutto si risolve. 

E' comunque doveroso fare una precisazione: qui ad Evora, quest’anno, l’intero corso di Lingue ha subito un cambiamento di piani di studio e sono cambiati gli ordinamenti. Io, essendo all’ultimo anno, rientro nel vecchio ordinamento e come me tutti i miei colleghi; basti dire questo per farvi sapere che non solo io, ma tutti gli studenti di Lingue (lingue e letterature, lingue e turismo, letteratura ed arte, letteratura e musica e tutti i corsi di laurea collegati alle lingue straniere) abbiamo avuto parecchi problemi con i piani di studio. Piccola spiegazione. Ma andiamo avanti.

Parlando di esami, l’università di qui mi ricorda molto la scuola superiore. Le date e l’ora degli esami si concordano informalmente insieme al professore, così come le date dei “recursos” (esami che si affrontano nel caso l’esame “ufficiale” fosse andato male). Gli esami si svolgono senza bisogno di nessun documento d’identità ne’ libretto (che qui è scomparso da innumerevoli anni), semplicemente ci si presenta, ci si siede e si scrive. Tutti gli esami sono scritti, a meno che non si tratti di lingua, nel qual caso è presente una parte orale (nel caso di inglese, ad esempio, una presentazione su un tema a nostra scelta).

Se si frequentano le lezioni, è possibile essere valutati non in sede d’esame ma attraverso delle “frequencias”, una sorta di parziali ufficiali (sempre concordati col professore) che dividono in due o tre parti il carico di studio. Se tutte le frequencias del corso hanno esito positivo, non è necessario svolgere l’esame; con i voti ottenuti si fa una media che sarà la valutazione finale del corso.

Un altro elemento importante per l’università portoghese sono i “trabalhos de casa”, ovvero dei “compiti”, dei lavori individuali da svolgere autonomamente e da presentare al professore. Spesso vengono valutati con veri e propri voti che fanno media per la valutazione finale; si tratta solitamente, almeno per quanto riguarda la mia facoltà, di ricerche o saggi da scrivere, o presentazioni su un certo tema da preparare ed esporre davanti alla classe. Questo può mettere in difficoltà noi studenti italiani, spesso poco abituati al lavoro autonomo e alla stesura di testi argomentativi (a maggior ragione se in un’altra lingua); per fortuna, solitamente, i professori di qui sono molto disponibili ad aiutare. E’ possibile anche fissare appuntamenti al di fuori dell’orario di lezione, per ricevere un aiuto nella stesura di un lavoro o semplicemente sentirsi rispiegare un argomento particolarmente difficile.

La relazione con i professori è molto più rilassata e informale rispetto a quella a cui siamo generalmente abituati. Essendo le classi generalmente piccole (MOLTO piccole. La maggior parte delle mie lezioni si svolge con altre 4 colleghe, e si tocca il picco solo durante inglese con una ventina di persone presenti), i professori hanno modo di conoscere personalmente ogni studente e di rendersi disponibili ad adattare il programma secondo le nostre esigenze. La partecipazione alle lezioni è molto importante: agli studenti portoghesi non si richiede di tacere e prendere appunti, ma di commentare attivamente l’argomento studiato, fornire esempi, opinioni, riassumere quanto detto fino a quel momento, esprimere preferenze…. Il che è, tristemente, molto poco comune in Italia. Il fatto di non partecipare è mal visto tanto dagli altri studenti come dai professori, e spesso sorgono veri e propri dibattiti durante una lezione riguardanti l’argomento affrontato. Devo dire che questa è la parte che preferisco. Il fatto di sentirsi coinvolti e partecipi è un qualcosa che per gli studenti italiani rappresenta spesso un’utopia: siamo troppo abituati all’idea di insegnamento “classica”, dove il ruolo del professore è elencare informazioni e quello dello studente il memorizzarle. Gli studenti italiani sono timidi, non amano dare voce alle loro idee ne’ riflettere su quello che studiano; quando si richiede loro di fornire un’opinione, spesso e volentieri rifiutano e provano ostilità verso il docente che cerca di intraprendere un percorso alternativo a quello tradizionale. Il fatto di trovarsi in una cultura diversa, che anche in ambito accademico ci richiede un tipo di sforzo diverso, è sicuramente difficile e allo stesso tempo illuminante. Ci obbliga, in un certo senso, ad usare abilità che normalmente non siamo abituati a mettere in pratica; e questo, se riusciamo a non rifiutarci di uscire dalla comfort zone, è esattamente ciò che intendono gli studiosi quando parlando di “elasticità mentale” guadagnata vivendo all’estero. Il famoso problem solving che noi studenti internazionali dovremmo essere in grado di perfezionare consiste in questo, nell’affrontare situazioni inaspettate usando risorse comunemente lasciate da parte.



Parliamo ora di cose più leggere: gli orari delle lezioni, e qualche altro piccolo dettaglio curioso. 
Gli orari dell’università portoghese sono molto diversi da quelli dell’università italiana. C’è, ad esempio, una pausa obbligatoria che va dalle 13 alle 14 e che permette a studenti a professori di pranzare; allo stesso tempo le lezioni possono tranquillamente durare fino alle 20 o alle 21. Nell’università di Evora, o almeno nel CES (Colegio Espirito Santo, l’edificio più antico dell’università ed anche il centro organizzativo della stessa) che è dove si svolgono le mie lezioni, le aule si trovano su vari piani., senza una vera divisione per facoltà. Se si trovano al piano terra, sono normalmente distribuite attorno agli antichi chiostri (l’edifico risale al xv secolo) e conservano ancora gli azulejos originali, i pulpiti in legno e le panche del secolo XVIII; il “bar”, che funge anche da mensa, si trova all’interno dell’antica cucina. Non si tratta di una mensa vera e propria, e non esiste un equivalente alla nostra tessera dell’ersu: ciononostante, moltissimi studenti scelgono di pranzare lì a causa dei prezzi bassissimi (con meno di tre euro si possono avere un piatto di zuppa, un panino, un’insalata e un caffè). Una cosa, però, non cambia rispetto all'Italia: il bar è il centro delle pause degli studenti, e i portoghesi, almeno quanto gli italiani, amano bere caffè. Sono piccoli dettagli che a volte sanno di casa. 



Questo, ovviamente, è solo un breve riassunto della vita nell’università portoghese; ci sono mille altri dettagli da considerare, come le radicatissime tradizioni accademiche, le relazioni fra studenti, la stessa storia dell’università di Evora (una della più antiche del Portogallo), come la città sia effettivamente fatta su misura per la vita universitaria… c’è tanto da dire. Ma è meglio andare per gradi, e dopo questo post più "tecnico" ne arriverà uno più incentrato su eventi leggeri. 
Oggi è il primo giorno della queima das fitas; la città si sveglia e gli studenti sono in fervente e religiosa attesa. 


Beijihnos!

mercoledì 18 maggio 2016

JANTAR DE GALA E AMENE RIFLESSIONI

Abitudini portoghesi, capitolo secondo: JANTAR DE GALA.

Spesso e volentieri, a causa delle molte difficoltà burocratiche che sto incontrando durante questo percorso, ho pensato che forse sarebbe stata una scelta più saggia il venire qui durante il primo semestre. Allo stesso tempo, però, devo ammettere che essere qui alla fine dell’anno ha i suoi vantaggi particolari: fra questi, la serie interminabile di eventi che caratterizzano la conclusione dell’anno accademico.

Va detta una cosa: i portoghesi sentono molto lo spirito di appartenenza all'università. Avete presente quelle università inglesi di inizio Novecento, con gli studenti vestiti di nero, che passeggiano dentro edifici antichi e mettono su strani riti d’iniziazione per i nuovi arrivati … il tutto vagamente inquietante? Ecco. Spostatelo ai giorni nostri e mettetelo qui in Portogallo. Davvero.

La festa del Caloiro (durante la quale le matricole, i nuovi arrivati, festeggiano la “liberazione” dalla schiavitù che per due mesi li ha costretti ad eseguire gli ordini del loro “padrino” o “madrina” appartenente all’ultimo anno) si svolge a Novembre. Gli studenti dell’ultimo anno indossano il loro “traje” (una sorta di uniforme nera che comprende camicia bianca, pantaloni/gonna, scarpe eleganti e un ENORME mantello nero che fa molto Transilvania e viene ricoperto di “emblemas” cuciti durante gli anni) e le “tunas” (bande di studenti che cantano, suonano e ballano canzoni tradizionali della cultura accademica e non) danno spettacolo; una grande festa, insomma, che non ho avuto la fortuna di vivere ma che ho conosciuto a pezzettini (concerti di tunas, gente aleatoria che passeggia per l’università in uniforme, foto, racconti).



Quello che succede fra Aprile e Maggio, invece, è un po’ più sentimentale: già da Aprile i portoghesi, che sono legatissimi al loro periodo universitario, iniziano a dire addio all’anno accademico. Il che inizia a fine Aprile, quando tutte le facoltà organizzano il loro “jantar de gala” (letteralmente, cena di gala), e culmina a fine Maggio con la “semana academica” e la “queima das fitas”: di queste ultime parlerò molto a breve (sto già decorando le mie fitas e l’emozione per la settimana accademica è nell’aria), e adesso vorrei raccontare quale assurdo momento di festa sia un jantar de gala portoghese.



Perché assurdo?

Perché i portoghesi, normalmente molto alla mano e sempre estremamente rilassati, si vestono a festa. Per un jantar de gala è richiesto l’abito formale. Scarpe col tacco, trucco, vestiti importanti, smoking per i ragazzi, camicie e cravatte, capelli fatti dal parrucchiere; io, che alla fine non avevo molto tempo ne’ denaro da spendere in fronzoli vari, mi sono limitata al vestito e ai tacchi … ma alcune mie compagne, senza scherzare, erano vestite come per andare a un matrimonio. Per un paio di settimane, a partire dalle otto di sera, Evora si riempie di gruppi e gruppetti vestiti a festa; è molto facile individuare chi sta andando ad un jantar de gala.
La cena è rivolta a tutti i componenti della facoltà, ex alunni e professori compresi.

Lo stupore più grande, però, non è stato tanto l’abbigliamento quanto il dove e come tale magnifico evento ha avuto luogo: un’intera palazzina del centro storico è stata affittata, addobbata, decorata con tavoli rotondi e specchi, munita di casse e postazione da DJ e supervisionata da un’intera equipe di catering (!!!) . Il tutto per il modico prezzo di 15 euro a persona. Non so come sia possibile, ma sembra che nessuno dei miei colleghi lo trovi strano; Dio benedica il Portogallo.

                       (Un momento di entusiasmo durante la cena.)

Come una processione, gli studenti entrano nel luogo prescelto per la cena e prendono posto ai tavoli; sono i camerieri stessi a servire da bere (birra e sangria senza limiti), e il cibo consiste nel tipico baccalà (uno dei piatti più tradizionali della cucina portoghese). Per noi vegetariani c’è l’alternativa: risotto con funghi e spezie.
Studenti e professori siedono insieme. Partono cori su cori (altro elemento tipico della cultura, per così dire, giovanile del Portogallo) affinché tutti quanti bevano almeno un bicchiere: si nominano professori (che, a fine serata, sono tornati a casa un po’ barcollanti e sicuramente molto felici), studenti chiamati per nome, per anno, per nazionalità, per mese di nascita, per corso (io da sola sono stata infilata in un coro almeno dieci volte. In quanto studentessa di lingue, poi del corso di lingue e letterature, poi del terzo anno, poi in quanto straniera, poi in quanto erasmus, poi in quanto italiana, poi in quanto nata a Gennaio … e così via.) . Musica. Tutti scattano foto, si abbracciano, parlano, ballano. Si, professori compresi.


E’ stato veramente bellissimo.

Penso che sia fondamentale, per noi che viviamo qui solo un breve periodo della nostra vita, prendere parte a questi eventi così importanti per i portoghesi. Mi hanno fatta sentire parte del loro gruppo, della loro università. Hanno parlato e ballato con me, mi hanno offerto da bere ed invitata a brindare con loro. Mi hanno tenuto un posto al loro tavolo. E, più che all’ansia per gli esami (che è il sentimento unico, onnipresente e inevitabile del mio Aprile/Maggio italiano), mi hanno fatto sentire la malinconia allegra di essere alla fine di un percorso: per la prima volta, da quando ho iniziato a studiare all’università, mi sto fermando a riflettere su tutto quello che ho vissuto e su quanto sia stato veloce, intenso e importante. 

Il Portogallo mi sta facendo sentire il peso del tempo e l’importanza del celebrarlo: mi sta regalando del tempo per rendermi conto che sono alla fine del mio primo percorso universitario. E sto vivendo tutto questo insieme ai miei nuovi amici e colleghi, che senza farsi domande me ne hanno condiviso il lato migliore: quello di essere, almeno per qualche mese, una di loro. Probabilmente non avrei potuto chiedere miglior modo per concludere questi tre anni: vestita a festa, circondata da allegra confusione, e parlando portoghese.

Il fatto di scandire in questo modo il tempo degli studi fa capire ai miei colleghi quanto sia importante vivere il periodo universitario non solo come impegno e (spesso e volentieri) stress, ma come un percorso di crescita che porta al raggiungimento di un traguardo che non è solo accademico ma personale.

Mi viene da ripensare al corso di cultura russa che ho avuto l’anno scorso, in cui si parlava di una cultura rituale che nelle società odierne è praticamente scomparsa … tranne che in determinate situazioni e in certi ambienti, fra i quali spicca quello universitario di alcuni paesi. Il ritualizzare ci aiuta a superare il trauma del cambiamento, e a viverlo come un passaggio necessario. Lo vedo nel modo in cui italiani e portoghesi affrontano il periodo degli esami e il periodo della fine del percorso triennale: i primi con ansia, rabbia e paura di ciò che accadrà nell’anno successivo; i secondo che (pur avendo il loro carico di studio e dubbi riguardo alla vita futura) attraverso i tanti momenti di addio trovano un senso nella loro esperienza. Riescono a viverla più serenamente.

Uno dei momenti più belli di questo Erasmus è sicuramente quello vissuto insieme ai miei compagni durante il jantar de gala. Pensare che si sia trattato solo del preludio non fa che rendermi ancora più ansiosa di vedere cosa succederà, a breve, durante la queima.


Beijinhos

giovedì 12 maggio 2016

BREVE RIASSUNTO DI UN 25 APRILE PORTOGHESE

“Grândola, vila morena
Terra da fraternidade
O povo é quem mais ordena
Dentro de ti, ó cidade”
(Grândola, Vila Morena)

Brevissimo racconto di una festa


In Italia, il 25 Aprile festeggiamo la fine della guerra e la liberazione dal fascismo.
Dato curioso: anche in Portogallo si festeggia il 25 Aprile, che nel 1974 ha visto nascere quella che è conosciuta come la Revolução dos Cravos (rivoluzione dei garofani), la fine della dittatura portoghese. Mi è sembrata una coincidenza molto significativa, dal mio punto di vista italiano, che i miei due paesi (quello dove vivo ora e quello dove sono nata) festeggino entrambi una liberazione nello stesso giorno; e mi è sembrato interessante osservare come, esattamente, il Portogallo festeggi il suo 25 Aprile.

Ma prima di tutto… perché i garofani?



Me lo sono chiesta anche io. Il fatto che nei giorni precedenti al 25 aprile apparissero ovunque manifesti pieni di fiori rossi, e che la città si trovasse in un subbuglio abbastanza inusuale (Evora, per quanto sia una città molto viva, di solito non ha un palco piazzato davanti al municipio ne’ concerti programmati per 4 giorni di fila in diversi punti strategici della città) mi ha fatto sospettare che qui la festa sia molto più sentita che in Italia. Il mio amico Luis, che è praticamente il mio informatore numero 1 per quanto riguarda i misteri culturali del Portogallo, mi ha spiegato in breve cosa è successo il 25 Aprile: gli stessi militari al servizio del regime hanno organizzato un colpo di stato per rovesciare la dittatura, con l'appoggio della popolazione. Le persone, per le strade, infilavano garofani rossi nelle canne dei fucili: il regime si è arreso e la rivoluzione (unica al mondo nel suo genere) conta un numero di vittime pari a soltanto 4 morti. 



Il governo provvisorio che è stato poi costituito si è dato uno stampo di matrice molto socialista; e questo aspetto della cultura portoghese si vede ancora, in molte sfumature del pensiero comune e dell’orientamento politico generale del paese. La rivoluzione dei garofani, dunque.



Qui ad Evora, la città ha organizzato tre giorni di concerti distribuiti in varie parti della città ed uno spettacolo di fuochi artificiali nella piazza, allo scoccare della mezzanotte fra il 24 e il 25 aprile. Di fatto, la rivoluzione vera e propria è cominciata proprio a quell’ora: e mezzanotte e venti del 25 aprile 1974, alla radio ( Rádio Renascença) suona la canzone popolare “Grândola, Vila Morena” (dichiarata illegale dal regime in quanto “alludeva al comunismo”). E’ il secondo segnale dato dai militari, il vero inizio della rivoluzione. Il primo era stato, alle 22:55 del 24 aprile, la canzone “E depois do Adeus” trasmessa dagli Emissores Associados de Lisboa: il via alle prese di posizione. E così, in una notte, cambia la storia del paese.



Mi ha sorpresa incredibilmente come i portoghesi sentono lo spirito del 25 aprile. La piazza di Evora era talmente piena che per trovare i miei amici ho dovuto praticamente farmi strada a gomitate; sotto il palco c’erano tutti, o quasi tutti, gli studenti della città (Erasmus e portoghesi, insieme). Ho riconosciuto compagni di classe e conoscenti. A mezzanotte, il concerto finisce e si fa silenzio. Iniziano i fuochi artificiali. Comincia a suonare la canzone che diede il via alla rivoluzione, e nel silenzio generale i portoghesi cantano. Alcuni ragazzi regalano garofani. E’ stato davvero, davvero emozionante, per tutti noi studenti stranieri.

Mi ha fatto pensare, in effetti, a come noi sentiamo il nostro 25 aprile. Al fatto che molte persone, in Italia, non sanno bene neanche a cosa si deve questo giorno di festa; e al fatto che politici e intellettuali hanno più volte proposto di eliminarlo. Come se si potesse eliminare la storia. E penso che qui in Portogallo, il giorno dopo, alla fine di un concerto Ska il gruppo ha suonato “Bella Ciao” (si, in italiano), e tutti noi italiani abbiamo cantato. Un’amica nepalese mi ha detto che assolutamente, per favore dovevo insegnarle quella canzone. Qui, ed in Italia dimentichiamo.
Sono davvero grata per aver avuto l’opportunità di condividere questo momento con il popolo portoghese, e per aver potuto riflettere un po’ di più sul mio paese. E’ stata una settimana molto, molto intensa.

Nel prossimo episodio: il jantar de gala.

Beijinhos!

PS: Se volete saperne di più sulla rivoluzione
https://pt.wikipedia.org/wiki/Revolu%C3%A7%C3%A3o_de_25_de_Abril_de_1974