Una delle
cose che la maggior parte degli studenti si chiede, prima di partire per l’Erasmus,
è come funziona l’università del suo nuovo paese. O forse, il che è ancora più
probabile, non se lo chiede affatto: perché normalmente non ci fermiamo a
riflettere sulle possibili differenze in un campo che ci sembra così ovvio,
come quello della mera burocrazia. Ma vi assicuro: per quanto sembri un
dettaglio insignificante, capire come funziona il lato “accademico” di un paese
è parte della cultura dello stesso almeno tanto quanto lo è il cibo, o il modo
di salutare. L’università italiana è impostata in un certo modo (con le dovute
differenze da università a università) che comprende iscrizione online ai
singoli esami, preferenza data alla valutazione orale (nelle facoltà che lo
consentono, ovviamente), rapporto estremamente formale con i docenti, classi
normalmente formate da moltissimi alunni …. Una serie di pezzi che compongono
il grande puzzle della formazione universitaria.
Ma, se avete
intenzione di studiare in Portogallo, o verrete qui in Erasmus, o semplicemente
siete curiosi, sicuramente vi starete chiedendo: come funziona l’università
portoghese?
Io,
ovviamente, posso parlare a livello particolare dell’università di Evora;
sicuramente ci saranno differenze rispetto alle altre università del paese, ma
credo che quantomeno gli aspetti fondamentali siano comuni. Se qualcuno di voi ha informazioni extra, sono le benvenute!
Iniziamo
dalla parte più complicata: esami, iscrizioni e corsi da seguire.
In Italia, o
perlomeno ad Urbino, questo processo è abbastanza lineare. Ci si iscrive all’università,
si presenta il piano di studio. Dopo qualche tempo, i corsi scelti
appaiono online e da lì possiamo iscriverci agli esami, la cui data troviamo
nella pagina web della facoltà.
Ora: ad
Evora l’iscrizione all’università è solo il primo passo da seguire. L’iscrizione
ai singoli corsi avviene gradualmente, uno per uno: ogni volta che un’iscrizione
avviene con successo, si riceve una mail di conferma che “autorizza” a seguire
le lezioni e fare l’esame di quel corso. Qual è il problema? Che
questo processo, soprattutto se siete erasmus, può richiedere davvero MOLTO
tempo. Moltissimo. Mesi. Siete iscritti all’università, ma magari dei 4 esami
che dovete fare qui risultate iscritti solo ad uno. Il che implica anche che i
professori non abbiano dove ufficializzare i vostri risultati, provocando qualche piccolo problema burocratico. Ma non temete. Con il tempo, tutto si risolve.
E' comunque doveroso fare una precisazione: qui ad
Evora, quest’anno, l’intero corso di Lingue ha subito un cambiamento di piani
di studio e sono cambiati gli ordinamenti. Io, essendo all’ultimo anno, rientro nel
vecchio ordinamento e come me tutti i miei colleghi; basti dire questo per
farvi sapere che non solo io, ma tutti gli studenti di Lingue (lingue e
letterature, lingue e turismo, letteratura ed arte, letteratura e musica e tutti
i corsi di laurea collegati alle lingue straniere) abbiamo avuto parecchi
problemi con i piani di studio. Piccola spiegazione. Ma andiamo avanti.
Parlando di
esami, l’università di qui mi ricorda molto la scuola superiore. Le date e l’ora
degli esami si concordano informalmente insieme al professore, così come le
date dei “recursos” (esami che si affrontano nel caso l’esame “ufficiale” fosse
andato male). Gli esami si svolgono senza bisogno di nessun documento d’identità
ne’ libretto (che qui è scomparso da innumerevoli anni), semplicemente ci si
presenta, ci si siede e si scrive. Tutti gli esami sono scritti, a meno che non
si tratti di lingua, nel qual caso è presente una parte orale (nel caso di inglese,
ad esempio, una presentazione su un tema a nostra scelta).
Se si
frequentano le lezioni, è possibile essere valutati non in sede d’esame ma
attraverso delle “frequencias”, una sorta di parziali ufficiali (sempre
concordati col professore) che dividono in due o tre parti il carico di studio.
Se tutte le frequencias del corso hanno esito positivo, non è necessario
svolgere l’esame; con i voti ottenuti si fa una media che sarà la valutazione
finale del corso.
Un altro
elemento importante per l’università portoghese sono i “trabalhos de casa”,
ovvero dei “compiti”, dei lavori individuali da svolgere autonomamente e da
presentare al professore. Spesso vengono valutati con veri e propri voti che
fanno media per la valutazione finale; si tratta solitamente, almeno per quanto
riguarda la mia facoltà, di ricerche o saggi da scrivere, o presentazioni su un
certo tema da preparare ed esporre davanti alla classe. Questo può mettere in
difficoltà noi studenti italiani, spesso poco abituati al lavoro autonomo e
alla stesura di testi argomentativi (a maggior ragione se in un’altra lingua);
per fortuna, solitamente, i professori di qui sono molto disponibili ad
aiutare. E’ possibile anche fissare appuntamenti al di fuori dell’orario di
lezione, per ricevere un aiuto nella stesura di un lavoro o semplicemente
sentirsi rispiegare un argomento particolarmente difficile.
La relazione
con i professori è molto più rilassata e informale rispetto a quella a cui
siamo generalmente abituati. Essendo le classi generalmente piccole (MOLTO
piccole. La maggior parte delle mie lezioni si svolge con altre 4 colleghe, e si
tocca il picco solo durante inglese con una ventina di persone presenti), i
professori hanno modo di conoscere personalmente ogni studente e di rendersi
disponibili ad adattare il programma secondo le nostre esigenze. La
partecipazione alle lezioni è molto importante: agli studenti portoghesi non si
richiede di tacere e prendere appunti, ma di commentare attivamente l’argomento
studiato, fornire esempi, opinioni, riassumere quanto detto fino a quel
momento, esprimere preferenze…. Il che è, tristemente, molto poco comune in
Italia. Il fatto di non partecipare è mal visto tanto dagli altri studenti come
dai professori, e spesso sorgono veri e propri dibattiti durante una lezione
riguardanti l’argomento affrontato. Devo dire che questa è la parte che
preferisco. Il fatto di sentirsi coinvolti e partecipi è un qualcosa che per
gli studenti italiani rappresenta spesso un’utopia: siamo troppo abituati all’idea
di insegnamento “classica”, dove il ruolo del professore è elencare
informazioni e quello dello studente il memorizzarle. Gli studenti italiani
sono timidi, non amano dare voce alle loro idee ne’ riflettere su quello che
studiano; quando si richiede loro di fornire un’opinione, spesso e volentieri
rifiutano e provano ostilità verso il docente che cerca di intraprendere un
percorso alternativo a quello tradizionale. Il fatto di trovarsi in una cultura
diversa, che anche in ambito accademico ci richiede un tipo di sforzo diverso, è
sicuramente difficile e allo stesso tempo illuminante. Ci obbliga, in un certo
senso, ad usare abilità che normalmente non siamo abituati a mettere in
pratica; e questo, se riusciamo a non rifiutarci di uscire dalla comfort zone,
è esattamente ciò che intendono gli studiosi quando parlando di “elasticità
mentale” guadagnata vivendo all’estero. Il famoso problem solving che noi
studenti internazionali dovremmo essere in grado di perfezionare consiste in
questo, nell’affrontare situazioni inaspettate usando risorse comunemente
lasciate da parte.
Parliamo ora di cose più leggere: gli orari delle lezioni, e qualche altro piccolo dettaglio curioso.
Gli orari dell’università
portoghese sono molto diversi da quelli dell’università italiana. C’è, ad
esempio, una pausa obbligatoria che va dalle 13 alle 14 e che permette a
studenti a professori di pranzare; allo stesso tempo le lezioni possono
tranquillamente durare fino alle 20 o alle 21. Nell’università di Evora, o
almeno nel CES (Colegio Espirito Santo, l’edificio più antico dell’università
ed anche il centro organizzativo della stessa) che è dove si svolgono le mie
lezioni, le aule si trovano su vari piani., senza una vera divisione per facoltà. Se si trovano al piano terra,
sono normalmente distribuite attorno agli antichi chiostri (l’edifico risale al
xv secolo) e conservano ancora gli azulejos originali, i pulpiti in legno e le
panche del secolo XVIII; il “bar”, che funge anche da mensa, si trova all’interno
dell’antica cucina. Non si tratta di una mensa vera e propria, e non esiste un
equivalente alla nostra tessera dell’ersu: ciononostante, moltissimi studenti
scelgono di pranzare lì a causa dei prezzi bassissimi (con meno di tre euro si
possono avere un piatto di zuppa, un panino, un’insalata e un caffè). Una cosa, però, non cambia rispetto all'Italia: il bar è il centro delle pause degli studenti, e i portoghesi, almeno quanto gli italiani, amano bere caffè. Sono piccoli dettagli che a volte sanno di casa.
Questo,
ovviamente, è solo un breve riassunto della vita nell’università portoghese; ci
sono mille altri dettagli da considerare, come le radicatissime tradizioni
accademiche, le relazioni fra studenti, la stessa storia dell’università di
Evora (una della più antiche del Portogallo), come la città sia effettivamente fatta
su misura per la vita universitaria… c’è tanto da dire. Ma è meglio andare per gradi, e dopo questo post più "tecnico" ne arriverà uno più incentrato su eventi leggeri.
Oggi è il
primo giorno della queima das fitas; la città si sveglia e gli studenti sono in fervente e religiosa attesa.
Beijihnos!
Affascinante, come tutti i tuoi post :) Sarebbe interessante confrontare le culture universitarie di vari paesi e analizzare che rapporto hanno con la cultura del singolo paese.... Per esempio qui in Norvegia la tendenza della burocrazia è opposta a quello che racconti tu: tutto è estremamente ufficiale e informatizzato, con registrazioni e piani di studio online, numeri candidato e addirittura ultimamente si sta passando agli esami su computer. Eppure abbiamo in comune la preferenza quasi esclusiva per gli esami scritti, le classi piccole, il metodo partecipativo in classe e la relazione molto (MOLTO) informale con i professori. A cosa sono legati questi fattori secondo te?
RispondiElimina- Francesca
E' una bella domanda!! Probabilmente tutti i paesi hanno in comune alcune cose e sono in disaccordo per quanto riguarda altre.... però sarebbe interessante sapere come mai il rapporto alunno-professore é molto più vicino per Norvegia e Portogallo che per, ad esempio, Portogallo e Italia ;)
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